Lo sport è il momento in cui il movimento diventa consapevolezza, gioia, benessere crescita.
E’ un contesto educativo ideale per promuovere la conoscenza di se stessi e degli altri, per dare impulso allo scambio comunicativo e favorire la maturazione non solo fisica ma affettivo ed emozionale.
Molte Scienze Umane sono interessate allo studio delle dinamiche mosse dallo sport quale strumento educativo fondamentale, in quanto soddisfa bisogni primari dell’uomo quale il gioco ed il divertimento, la sfida verso obiettivi che richiedono impegno e sacrificio, la reciproca comprensione, la comunicazione ed il rispetto di regole, l’organizzazione, la pianificazione e la programmazione del proprio operato.
La pratica sportiva è parte integrante della formazione di chiunque, a qualunque età e qualunque siano le sue esigenze educative.
Nella scala dei bisogni umani il gradino più alto è costituito dalla realizzazione di sé che si ottiene solamente quando si dimostra a se stessi, prima che agli altri, di essere stati in grado di raggiungere obiettivi che hanno richiesto lavoro e fatica.
Questo bisogno è presente in qualunque individuo, a qualunque età, indipendentemente dalla sua condizione. Una persona che convive con un handicap ne ha lo stesso bisogno di chiunque altro, se non di più a causa delle continue frustrazioni che deve affrontare.
Spesso abbiamo la tendenza a rivolgerci alle persone affette da qualche minorazione con una forma di “buonismo” che ci porta a volerle proteggere ed a spianare loro la via, ma proprio la pratica sportiva permette di confrontarsi con le infinite risorse umane: quando tenacia, volontà, intelligenza e flessibilità, fanno in modo che la “disabilità” diventi, effettivamente, la “diversabilità”.
Ciò che viene promosso, all’atto pratico, è l’aspetto sociale, cioè la capacità di instaurare relazioni tra le persone, a prescindere, o forse possiamo dire proprio grazie le diverse abilità, considerando l’altro per ciò che è davvero: una persona.
Sport, disabilità, integrazione ed educazione sono elementi che si integrano contribuendo allo sviluppo del rispetto reciproco.
La sinergia prodotta da questi elementi favorisce un cambiamento nella mentalità che diventa cambiamento culturale: si impara a considerare la disabilità un altro modo di essere “normali” o la “normalità” un altro modo di essere “disabili” in quanto la definizione di disabilità è:
incapacità di portare a compimento un’azione con risultati soddisfacenti.
La disabilità si colloca tra un livello zero di prestazione (inabilità) e un livello massimo di prestazione (abilità).
All’atto pratico siamo tutti disabili o siamo tutti normali in quanto NON PADRONEGGIAMO ALLA PERFEZIONE (livello massimo di prestazione) la maggior parte delle nostre attività.
E’ proprio questo il bello della vita: avere sempre qualche cosa di nuovo da imparare.