La ricerca in ambito psicologico si sta interessando con sempre maggiore attenzione alle varie forme dello “stare bene”, intendendo, per “star bene” la possibilità di individuare gli aspetti positivi delle esperienze fatte per viverle in modo da trarne gratificazioni e prospettive per il futuro.
L’ interesse è volto a studiare le condizioni e i processi che contribuiscono alla creazione dello “stato ottimale” di funzionamento.
Il pensiero di Feuerstein, anche se non ne fa parte in modo effettivo, ricopre una posizione privilegiata in questo ambito, avendo orientato fin dai suoi primi, lontanissimi, passi la propria zione sulla ricerca e la messa in pratica di strategie di intervento volte al “positivo”.
Se guidi il pensiero verso la ricerca dell’aspetto “buono” il benessere che ne deriva è ampio e generalizzato.
Oggi la psicologia positiva ha un ruolo sempre più ampio nell’ambito delle discipline psicologiche, ma non si poteva dire altrettanto quando Feuerstein, negli anni ’50, ha cominciato a gettare le basi del suo inquadramento teorico.
Egli ha sempre avuto un approccio orientato all’individuazione degli aspetti positivi presenti in ogni situazione, con l’obiettivo di identificare competenze, risorse ed abilità in ciascuno per promuoverne le potenzialità. Molte delle sue intuizioni psicologiche sono intrinsecamente legate alla cultura ebraica.
L’attività scientifica e la pratica clinica negli ultimi due decenni si stanno interessando ai temi dello stare bene con sé e con gli altri in maniera intrinseca, indipendentemente dal riferimento alla patologia.
Un antico insegnamento ebraico dice che il Signore, al termine della vita terrena di ogni individuo, chiede conto di tutte le gioie (lecite) di cui avrebbe potuto godere e che ha trascurato. Secondo un midrash viene data ad ogni essere umano, al termine del suo tempo , la possibilità di “recuperare” apprezzando le cose belle di cui non si era reso conto per poterle apprezzare. L’obiettivo di questi insegnamenti è, evidentemente, quello di indirizzare il pensiero umano verso il positivo.
Ogni momento della vita ebraica è accompagnato da elementi rituali che ne danno un significato spirituale importante. Tra questi ha un ruolo di rilievo l’esplicito invito a dire una benedizione per ogni atto della propria vita. Individuare quale benedizione sia giusta per ogni singolo frangente o la capacità di crearne di specifiche, stimola la consapevolezza di ciò che si sta facendo e, contemporaneamente, indirizza a pensare positivo. Se devo benedire il Signore per l’evento in atto, devo coglierne tutti i possibili aspetti positivi e se la berachà deve essere adatta a ciò che sto benedicendo, bisogna che mi sia ben chiaro il
suo significato.
Tanto la consapevolezza di quanto si sta facendo quanto la positività del proprio pensiero sono indicate dalla psicologia, suffragata dalle ricerche in ambito neuro scientifico, come elementi protettori dell’equilibrio psichico.