Stiamo celebrando i giorni di Chanukà, una festività ebraica di grande importanza spirituale e storica per l’ebraismo, cultura di appartenenza della famiglia Feuerstein.
La festività, conosciuta anche come la festa delle luci, ricorda la volontà del popolo ebraico, sottomesso al dominio ellenico di Antioco Epifane (secondo secolo a. C), di riconquistare la propria indipendenza e l’autonomia di pensiero.
Il precetto che contraddistingue Chanukà è quello di accendere ogni sera una luce in più rispetto alla sera precedente per otto sere consecutive, evidenziando come di giorno in giorno il miracolo cresca.
Un punto di grande importanza è l’indicazione che la luce si accende in ricordo di uno dei tanti momenti in cui, pur consapevoli di essere «deboli» e «pochi» in termini di dimensioni fisiche il popolo ebraico non si è sentito intimidito da chi era forte e numeroso. Si è opposto a chi minacciava la sua indipendenza ebraica, ponendo la propria opposizione con una forza spirituale e uno spirito di abnegazione straordinari, che derivano da coesione, spirito di gruppo e senso di appartenenza.
Così è stato durante tutta la storia ebraica “in quei giorni” e anche “in quest’epoca” (come si afferma durante l’accensione delle luci di Chanukà). Gli Ebrei sono stati, da sempre, «una piccola minoranza fra le nazioni» e non possono competere per potenza fisica e materiale con le nazioni del mondo.
Questo è uno degli insegnamenti delle luci di Chanukà: anche se siamo “dopo il tramonto”, nella buia, profonda oscurità di questo momento drammatico, cerchiamo di non essere travolti dal buio che c’è fuori, ma illuminiamoci con la luce della Chanukià ed accendiamola in modo che possa portare luce fuori, a tutti coloro che passano.
Disegnamo un futuro luminoso!
