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Il 16 novembre 1922, Mussolini pronunciò alla Camera dei Deputati il famoso “discorso del bivacco” che sancì la “rivoluzione delle camicie nere”.
“[….]il popolo italiano, nella sua parte migliore, ha scavalcato un ministero e si è dato un Governo al di fuori, al di sopra e contro ogni designazione del Parlamento.
[….]”
Quel giorno la Voce (n.d.r. il giornale del partito repubblicano) scrisse: “tutta l’Italia è in ginocchio dinanzi al fascismo. La dittatura avvilirà la nazione senza risolverne i problemi”.
Nella seduta alla Camera del 17 novembre 1922, poco dopo la nomina di Mussolini a capo del Governo, Conti fece un memorabile intervento ed ebbe uno scontro appassionato con l’on. Mussolini, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro dell’Interno e ad interim degli affari esteri. Non fu dunque solo Turati a pronunciare amare parole nel suo discorso passato alla storia col titolo “Il Parlamento è morto”.
Conti, con parole lucide e profetiche, esordì così: “Onorevoli colleghi! Credo che non dispiaccia neppure al Presidente del Consiglio di udire una parola di opposizione […..]ispirata alle idee, agli ideali di un partito, il partito repubblicano, che non cede le armi di fronte alla dittatura che si inaugura oggi in Italia”
“…siamo contro il Governo del fascismo perché reputiamo che l’avvento al potere del fascismo sia il risultato di un equivoco politico e di un metodo demagogico di azione e di lotta. Siamo contro perché riteniamo che il Ministero che avete composto rappresenti per la qualifica che si è dato e per la sua composizione un equivoco politico e morale. Siamo poi contro di voi perché voi rappresentate l’anti-democrazia, rappresentate un tentativo di deviazione del cammino storico dell’Italia, verso la più pura democrazia, verso la libertà ed i più alti ideali di redenzione delle classi lavoratrici.[…]